Maria Rosa Coccia                          

                             breve biografia

 

Maria Rosa Coccia nasce a Roma il 4 giugno 1759 da Antonio e Maria Angiola Luzi. Dalla fede di battesimo conservata nei libri parrocchiali di San Lorenzo in Damaso, sappiamo che il padre era nato a Velletri e la madre a Castel Gandolfo.

Nel anno della sua nascita i genitori abitavano presso le “Scuole Pie”, ovvero l’istituto degli Scolopi a Piazza de’ Massimi, 4 come si desume da una lettera che Antonio Coccia, speziale, indirizzava a Padre Giovanni Battista Martini, direttore dell’Accademia Filarmonica di Bologna, nel 1774 e ciò è confermato anche da Maria Rosa, che, in una lettera del 1778, scrive di abitare nella “Speziaria sotto le Scole pie”.

 

Le trasformazioni sociali che si andavano operando nell’ultimo trentennio del secolo XVIII, non aiutavano a rendere gradita la decisione di una donna di dedicarsi alla composizione a livello professionale, la rivela la stessa Maria Rosa con le sue parole in questa lettera del 1778 in cui la giovane compositrice sente il bisogno di giustificare la sua scelta quasi scusandosi:

 

“Io sono una donzella di anni diecinove, cui la sorte fu avara de’ suoi doni, nulla di meno fin dalla mia puerile età fui desiderosa di avanzarmi in qualche modo, non seguendo il metro del commun impiego al mio sesso, procurai distinguermi coll’acquisto di qualche scienza, che potesse supplire a ciò che non sortii dalla fortuna. Fu questa la musica, che coll’applicazione alla medesima giunsi ad essere ascritta dopo rigoroso esame, come qui anneso foglio V.a E, Rev.ma vedrà, tra’ maestri di capella di Roma, mia Patria

 

In virtù del superamento dell’esame alla “Congregazione di Santa Cecilia” (Attuale Accademia Santa Cecilia), riceve la giovane compositrice un diploma che le permette di divenire maestro di capella, come si evince dalla patente conferitale dalla Congregazione:

 

[…] essendo stato dall’Esaminatori deputati dalla nostra Congregazione esaminata, ed approvata la Signora Maria Rosa Coccia, in qualità di Maestra di Capella, concediamo libera, ed amplia facoltà alla medesima di poter esercitare l’Impiego pubblico di Maestra di Capella in questa città di Roma con tutti gl’onori, preeminenze, dritti, e ragioni, sotto le Leggi, Statuti, Ampliazioni e Dichiarazioni confermati con Autorità Apostolica […]

 

Ma tali onori, incarichi e preminenze non le saranno mai conferiti…in cambio comincerà per lei una battaglia d’insidie, egoismi e invidie che la condanneranno lentamente ma inesorabilmente all’oblio.

Maria Rosa Coccia è la prima donna ascritta nella storia della Congregazione, aggregata il 28 Novembre 1774 con, tra gli altri titoli, quello di Maestra Compositora Romana. Sono conservati documenti che la riguardano, già nel 1776 è incaricata di scrivere la musica del Primo Vespro per la festa della Santa Protettrice.

 

Nel 1779 fu ammessa all’Accademia Filarmonica di Bologna, soltanto la sua “Fuga” fu paragonata a quelle di J.S.Bach ricevete il plauso di tutta la Commissione esaminatrice come era successo a Roma.

( Soltanto pochi anni dopo sarà aggregato con gli stessi voti un Austriaco: W.A.Mozart. )

Nel 1780 l’Abate Michele Mallio pubblica un suo elogio biografico, con versi e lettere di vari personaggi: Monsignor Ennio Visconti; Pietro Metastasio e Carlo Broschi (“ Farinelli”).

Viene ammessa all’Accademia dei Forti di Roma con lo pseudonimo di “Trevia”.

 

 

Malgrado i positivi inizi, già nel 1780 il suo straordinario esame che apri per lei le porte delle più prestigiose Accademie del mondo musicale ed artistico dell’epoca, scatenò violente polemiche, che con il tempo sollevarono su di lei antipatie anche da chi come Pietro Metastasio, le era stato amico e collaboratore ( scrisse per Maria Rosa il libretto dell’unica opera ”L’Isola Disabitata” oggi scomparsa).

Nessuno stampò i suoi componimenti e le sue composizioni da lei inviate a regnanti dell’epoca e personaggi illustri le valsero soltanto grandi elogi e attestazioni di stima e ammirazione, anche qualche regalo ma…niente che potesse veramente aiutarla nella sua carriera!

Gli anni successivi di vita di Maria Rosa Coccia ci sono, per il momento, oscuri: sappiamo soltanto che nel dicembre del 1832 presentò un’istanza al primicerio della Congregazione di Santa Cecilia, Mons. N. Manari per ottenere un sussidio, dichiarando, secondo i documenti che si trovano negl’ atti della Congregazione, di aver passato la vita componendo e insegnando, e di essere tuttora costretta a lavorare poiché, avendo dovuto mantenere i genitori e le sorelle, non era riuscita a costruirsi nessuna stabilità economica.

Le fu accordata la ridicola somma di quattro scudi…

La prima Maestra Compositora Romana!

 

Comunque Lei non peserà a lungo sulle finanze della Congregazione, poiché mori a Roma, sola e dimenticata come volevano i suoi detrattori, il 20 novembre 1833.

Tutti i maestri Congregati avevano diritto a un Funerale pubblico…Maria Rosa Coccia fu congedata da questo mondo con quattro messe celebrate in suffragio della sua anima, nella Cappella della Congregazione, a San Carlo ai Catinari.

L’opera di Maria Rosa spaziò tra il sacro e il profano, con il coraggio che la distingueva, sapendo benissimo che non avrebbe mai potuto dirigere una sua composizione davanti a un pubblico, come era normale tra i suoi colleghi.

 

La vicenda di una donna straordinaria, una combattente.

 

“Tanto è vero che, quando si sa scegliere l’occupazione, per cui siamo stati dalla natura formati, possiam tutti senza differenza di sesso pervenire alla perfezione e, renderci immortali sovra la Terra! […]

Chi avrà coraggio di biasimar quest’Elogio, se giusto, se per tanti titoli da Lei meritato? Forse perché a commendare ho intrapreso una Donzella vivente? Ma che? ‘E’ men bella forse la Virtù, che racchiudono in seno i viventi, che quella dei trapassati? O sarà sempre guiderdone di chi suda per la Virtù, critiche, persecuzioni, calunnie, finch’egli vive, e una tarda lode dopo sua morte, allor quando non più lo anima nel preso cammino, e non più lo interessa?[…]

I Saggi riguardano le Donne pensanti, e di spirito quasi quali Angioli in paragone della truppa vile di tutti coloro, che quali tronchi vegetano senza pensare.

 

 

Questo solo servirà a voi di coraggio per proseguir più franca la faticosa strada che felicemente scorrete, all’altre del vostro sesso di stimolo per imitarvi, ed a me di difesa per aver formata la storia di vostra vita, cioè delle vostre lodi”

Abate Michele Mallio

Roma, 1780

 

Due secoli d’attesa ha subito questo nome

per avere un riconoscimento da parte della società.

Il Tempo è venuto.